“Appunti e confessioni matematiche” di Paolo De Zordo

 


Da dove cominciare? Dai due incubi ricorrenti, di cui ho coscienza da una ventina d’anni, ma che fortunatamente ho esorcizzato e non mi inseguono più da qualche anno.

 

 

·        Incubi

 

Il primo riguarda il Bonetti e tutti i compagni di classe dell’ultimo anno di liceo: è il senso di colpa nei confronti di chi ha forse studiato filosofia e storia e ha affrontato le normali interrogazioni e di chi ha rinunciato per un anno a pretendere da me un qualche segnale di interesse nelle sue materie.

In realtà per tutto l’ultimo anno di liceo non ho studiato un granché in generale e non solo filosofia e storia. Bonetti è però stato il più “comprensivo”. Devo per altro aggiungere che anche i compagni di liceo lo sono stati altrettanto, se non di più. Anche gli altri insegnanti e anche il collegio che giudicava agli esami di maturità, dove il mio 38/60 deve considerarsi veramente un regalo.

Ho provato a paragonare il mio caso a quello di mio padre, che dovette sospendere gli studi universitari in periodo di guerra e che, alla fine di questa, recuperò il tempo perduto e si laureò passando una serie di esami semplificati. Ma il mio “periodo di guerra” non regge molto il confronto e questo tipo di giustificazioni non è stata sufficiente. Il tempo invece aiuta sempre.

Il secondo incubo invece è legato al fumo, meglio: alla rinuncia dello stesso. Smettere di fumare non è stato apparentemente difficile. Ho approfittato di una broncopolmonite e di tre settimane di divieto assoluto. Invece di riprendere ho deciso di smettere. Nel giro di qualche mese mi sono accorto di come si sta meglio senza il fumo; nel giro di qualche altro mese ho cominciato a svegliarmi nel pieno della notte con la bocca come impastata di tabacco e carta di sigarette di cui non c’era verso di liberarsi. Anche in questo caso il tempo ha aiutato.

Per completezza, in tema di incubi, me ne viene in mente un altro paio. Ambedue di origine ospedaliera. Il primo, banale, in conseguenza della tonsillectomia effettuata da sveglio a ventuno anni; terrore dei ferri. Il secondo, più divertente, in seguito alle difficoltà di risveglio dopo un’anestesia (mi ricorderò sempre gli insulti, le imprecazioni e gli schiaffi, ricevuti in uno stato più di “dormi” che di “veglia” dall’anestesista, un donnone che, a mio parere, non avrebbe sfigurato sulle banchine di un grande porto commerciale). Il sogno tratta di me come protagonista di un videogioco: se non riesco a compiere velocemente delle azioni o non prendo rapidamente decisioni e contromisure, non raggiungerò una maschera che mi permette di respirare; il risveglio dall’incubo corrisponde alla fase più elevata di panico provato dalla mancanza di aria. Da notare che l’operazione risale alla fine degli anni ’80, che non erano molto diffusi i videogiochi (ancor meno quelli cosiddetti “di ruolo”) e che io non ho mai usato i computer per giocare (correzione: gli unici giochi ai quali mi sono in qualche maniera appassionato sono “Space Invaders”, circa 1986, e “Tetris”, circa 1992).

E adesso che abbiamo smarcato gli incubi del passato, passiamo all’oggi e agli obiettivi “trasgressivi” degli anni 50 e 2000.

Ecco un elenco relativo ai successi dei primi 8 mesi (chissà che cosa riserva l’ultimo quadrimestre):

 

Altro che 68!

 

 

 

·        Il ’68

 

Poi torniamo al presente, ma, a proposito di ’68, mi piacerebbe esprimere qualche considerazione personale.

Di che ’68 parlo? Per me il ’68 parte dal 1966/1967 e arriva fino al 1974. Un sacco di anni, vissuti in un misto di coscienza e di incoscienza. In questo periodo ho fatto il servizio militare in una caserma di punizione (bel posto, Riva sul Garda, ma pochissime licenze), ho conosciuto Claudia, con la quale ci siamo poi sposati nel ’72 (e ancora ci sopportiamo), ho avuto la prima figlia (Silvia nel gennaio ’73, seguita a cadenza quasi decennale da Sergio, gennaio ’82 e Giovanni novembre ’92) e ho fatto militanza politica quasi a tempo pieno.

Di quest’ultima per molte cose mi vergogno. Intendiamoci, non ho commesso azioni di violenza o partecipato a formazioni clandestine (le mie azioni più illegali sono state l’occupazione di qualche liceo/università, l’affissione di manifesti in spazi non autorizzati e un paio di servizi d’ordine molto “militari”, ma senza armi, né proprie, né improprie), anche se ne ho respirato l’aria.

Quello di cui mi vergogno principalmente è il mio essere stato passivo nei confronti di questa militanza, il non aver collocato in un unico quadro i sentimenti e le scelte di vita a lato della militanza con la militanza stessa, di per sé molto totalizzante, l’aver quindi vissuto due vite quasi in antitesi, dal punto di vista del mio io e dei miei sentimenti. L’aver capito con troppo ritardo che questa forzatura non portava da nessuna parte.

Chissà: ancora oggi faccio fatica a parlarne, segno che non tutto è stato digerito. Spero che la saggezza dell’età matura (quando verrà) aiuti a rimuovere anche questi pesi.

Tornando all’oggi.

 

 

·        La corsa

 

Ho cominciato a correre circa tre anni fa, cedendo alle sollecitazioni di un collega che passava un sacco di tempo a navigare in internet, non per visitare siti porno ma per leggere riviste, articoli, documentazioni mediche in inglese e italiano sulle attività sportive legate al “running”. Suoi sono stati i preziosissimi suggerimenti su come iniziare (per me che da qualche decina d’anni non praticavo nessuno sport e che non frequentavo palestre) e che mi ha consigliato per l’acquisto dell’unico indumento veramente necessario: le scarpe.

Mi sono appassionato quando, dopo molte fatiche e una certa costanza, ho raggiunto alcuni primi traguardi, come quello dei 20 e poi dei 40 minuti di corsa continua. Ho poi superato la barriera dell’ora e, verso la fine dell’anno scorso, quella delle due ore di corsa ininterrotta.

Siamo obiettivi: come si fa a non appassionarsi alla corsa e alla disciplina sportiva che ne è il naturale coronamento, la maratona? …dove gli atleti si impongono un ritmo di corsa (ad esempio 19 Km/ora o, come “noi” del mestiere usiamo dire per facilitare la misurazione, 3.09 minuti/Km) e lo mantengono inalterato, con le falcate e il movimento a pendolo delle braccia sempre uguali a se stessi fino al traguardo? Non è spettacolare? In effetti sono molto meravigliato che questo sport riceva così poco spazio in televisione. (Sì, sto scherzando. Come è il mio ritmo di corsa? Non costante e, su percorsi inferiori ai 25 Km, tendente a una media intorno ai 10 Km/ora, ovvero 6 minuti/Km. Sopra i 25 Km? Quando arrivo, arrivo.)

Un fattore di aiuto è inaspettatamente giunto da una cura propostami in uno di quei nuovi studi “medici” che nascono come funghi a Milano (e credo anche nel resto d’Italia, o, per lo meno, nelle città più ricche), che associano alcune idee della medicina tradizionale ad altre, meno tradizionali (agopuntura, cristalloterapia, omeopatia, minerali, ecc.). Qui ho subito un esame divertentissimo che, sulla base della forza espressa dal mio polpaccio destro in reazione all’assorbimento sublinguale di sostanze sgradevolissime, forza misurata con un elastico collegato ad un computer, mi ha diagnosticato intolleranze alimentari per latticini e lieviti. Da cui una dieta, che sto seguendo ormai da due anni, che, associata all’attività sportiva, mi ha portato lentamente a dimagrire di 15 chili (e non è finita qui). Viva i medici alternativi e furbi!

E così sono arrivato a disputare la mia prima maratona (42 Km e 195 metri) nel marzo di quest’anno a Torino. Mi sono qualificato 1849esimo in 4 ore e 50 minuti (il primo, un etiope, ci ha messo 2 ore, 8 minuti e 30 secondi, seguito da quattro kenioti, da un altro etiope e finalmente dal primo italiano) su 1961 arrivati nel tempo limite di 6 ore e mezza (ma eravamo partiti in più di 2700! Un sacco di decessi!).

A questa ho fatto seguire due mezze maratone (21 Km e 97 metri), la Stramilano (a metà aprile: 2 ore e 3 minuti) e quella di Bergamo (a fine maggio: 2 ore precise). Anche in queste occasioni mi sono onorevolmente piazzato fra gli ultimi.

Sono iscritto alla Maratona d’Italia (siamo sempre sui classici 42 Km e rotti) che a metà ottobre partirà da Maranello e, passando per Modena, si concluderà a Carpi. Conto di arrivare in meno di 4 ore e mezzo, sempre fra gli ultimi.

Per il 2000 il mio impegno agonistico si dovrebbe concludere così, a meno che gli organizzatori della nuovissima Maratona di Milano, annunciata per i primi di novembre, non mi implorino di partecipare. Vedremo.

 

 

·        Montagne russe e dintorni

 

Ho sempre avuto un sano rifiuto alla ricerca di emozioni forti artificiali; sostenevo che mi bastavano una moglie e dei figli.

Nel 2000 e a 50 anni le prospettive possono cambiare e difatti alla prima occasione mi sono lanciato.

In due pomeriggi passati a Disneyland Paris ho collezionato 4 lanci dal Cannone (un giro della morte e un doppio avvitamento, il tutto al chiuso e al buio) e 2 Indiana Jones (un giro della morte tradizionale all’aperto, ma di schiena, a marcia indietro).

Per riprendermi sono poi stato sulle navicelle di Peter Pan, nel castello di Biancaneve e ho passeggiato a lungo nel giardino di Alice e della Regina di Cuori.

Che futuro mi aspetta? Il Bunjee Jumping? Il rafting nei tumultuosi fiumi dello Utah? Un film di Dario Argento?

 

 

·        La patente

 

L’8 di luglio con Claudia e Giovanni abbiamo calcato per la prima volta nella nostra vita il suolo sardo per una vacanza di due settimane. Chi ci conosce sa che l’unico mare che frequentiamo si chiama Ligure e l’unica spiaggia è quella detta “del Gentile” a Camogli. Questo da più di 30 anni. Così l’avventurarsi fino in Sardegna è stata veramente cosa eccezionale.

Tanto eccezionale che dopo un’ora circa dallo sbarco ad Olbia sono stato festeggiato da una pattuglia del commissariato di Nuoro che mi ha onorato di una bella fotografia, che spero prima o poi di poter incorniciare.

Un poliziotto e una poliziotta si sono rammaricati del fatto di dovermi segnalare che il fotografo, appostato 500 metri prima, sosteneva che viaggiavo a 138 Km/ora (o 26 secondi/Km, al modo dei maratoneti). Fatto un calcolo molto complesso (togliere la tolleranza del 5%), a loro risultavano 132 Km/ora. Non avevo niente da eccepire, perché, se erano veri i 138 Km/ora, un calcolo più preciso avrebbe comunque portato sempre a più di 130 Km/ora (131,1). Mi aspettavo quindi la multa più salata. Invece i calcoli non erano ancora finiti perché prima la poliziotta poi, per controllare, anche il poliziotto hanno contato, aiutati dalle dita di una mano, la differenza fra 90 e 130: “da 90 a 100, 110, 120, 130, … ma sono 4! Dobbiamo ritirarle la patente!”.

La mia sorpresa era reale, perché veramente pensavo che il limite fosse di 110, come quello di molte superstrade che abitualmente percorro a quella velocità. Il poliziotto: “Qui in Sardegna non abbiamo superstrade”. (Dovrò controllare: magari anche quelle che io penso essere superstrade hanno il limite dei 90.)

Comunque sia, la vacanza è iniziata nel migliore dei modi: ho finalmente fatto il passeggero.

Qualche giorno dopo ho chiamato la prefettura di Nuoro; gentilissimi, mi hanno chiesto se, scaduti i 30 giorni della sospensione, sarei passato da loro; in caso contrario avrei dovuto mandare un fax per far sapere in quale prefettura/commissariato/caserma dei CC del bel paese (isole comprese) dovevano spedire la patente. Fatto.

A quarantena quasi conclusa mi sono recato al commissariato di Milano da me prescelto, per verificare che la mia patente fosse lì, in attesa di essermi restituita. Della mia patente nessuna traccia: “Ma lei ha ricevuto da noi qualche convocazione o segnalazione?” “No, ma lunedì scade il periodo di sospensione e la patente dovrebbe essere qui.” “Mi dispiace, a me non risulta nulla. Provi lunedì, chieda della stanza 14.”.

Uscito dal commissariato, piuttosto sconsolato, ho chiamato i miei amici della prefettura di Nuoro, di cui avevo ancora fortunatamente le coordinate: “Buongiorno, un mese fa circa mi è stata ritirata la patente da una pattuglia di Nuoro, ho mandato un fax specificando dove avrei voluto che fosse spedito il documento, ma sembra che non sia arrivato nulla.” “Ah, lei è il signor De Zordo?”.

Delle due l’una: o a Nuoro sono molto efficienti, o sono l’unico a cui in quel periodo hanno ritirato la patente. Un’altra possibilità è che si fossero appostati alla fine di quella discesa solo per me. Mi immagino la scena: tutti che si battono il cinque, congratulazioni da parte del prefetto, del questore e dell’Arcivescovo per la riuscita dell’operazione, brindisi, … “Bravi, l’avete beccato!”. Comunque sia, secondo me avevano passato gli ultimi 20 giorni a ridere come pazzi del turista di Milano.

Avevano spedito il documento quasi 20 giorni prima; ho chiesto che mi inviassero via fax la lettera di accompagnamento. Sperando che la cosa potesse aiutare…

Alle 8.30 del fatidico lunedì mi sono presentato nella stanza 14. Un impiegato mi ha fatto accomodare e ha cominciato a scartabellare in una montagna di scartoffie. C’era, fortunatamente, un incartamento intitolato a “De Zordo”.

Dopo un paio di minuti di attenta e silenziosa disamina del contenuto: “Che giorno è oggi?” “Il 7 di agosto” “Deve tornare domani: non posso consegnarle la patente fino alle ore 24 di oggi”

La giornata del 7 di agosto era per me molto critica: in mattinata dovevo raggiungere l’automobile, Claudia e Giovanni a Camogli, caricare armi e bagagli e partire alla volta della casa dei miei, nel centro delle Marche. Sicuro di aver fatto bene i conti e forte del fax ricevuto da Nuoro, ho cercato di far valere le mie ragioni. Ho contato i giorni dalla data di sospensione, ma la cosa non ha smosso le convinzioni del poliziotto. Ho letto insieme a lui la lettera di accompagnamento. C’era scritto: “non riconsegnare la patente prima del 7 di agosto”. La negazione legata al “prima” non riusciva a chiarire il problema. Devo ammettere che la discussione si stava facendo piuttosto concitata, anche se, vista da fuori, avrebbe potuto anche divertire. Finalmente il mio interlocutore decideva di consultare un qualche collega e/o superiore. Dopo aver raccolto alcune delle carte che, nella confusione, erano finite a terra, usciva e mi lasciava solo nella stanza 14 a meditare sulle intuizioni di Kafka. Meditazioni interrotte dopo qualche minuto da una amichevole pacca sulla spalla: “Aveva ragione lei”. Sospiro di sollievo. La patente, anche se macchiata dall’infamante annotazione, era di nuovo nelle mie mani. Tornavo nel ruolo di autista.

A parziale scusante dell’impiegato poliziotto di Milano, qualche giorno dopo, mentre ammiravo il trofeo, stampato in uno dei pochissimi angoli ancora liberi del mio logoro documento di abilitazione alla guida, con qualche sorpresa leggevo: “…sospesa dal 8.7.2000 al 7.8.2000”. Si erano sbagliati anche a Nuoro? Mi avevano restituito la patente un giorno prima? Colpa del millennium bug? Forse nell’anno 2000 il mese di luglio aveva solo 30 giorni. Ormai è cosa passata e, come diceva il Tissoni, “Quod factum est, fieri non potest”.

La difficoltà di interpretazione del “non prima del 7” faceva venire in mente ad un collega una storia di cui era stato testimone qualche mese prima alla frontiera con la Slovenia. Un maresciallo della Guardia di Finanza che, prima di inviare un fax all’ufficio di un superiore, si raccomandava con un sottoposto “Passalo nella fotocopiatrice: meglio tenerne una copia”.

 

Perché elogiare tanto i Carabinieri? Anche Polizia e Guardia di Finanza hanno i loro pregi.

 

Paolo De Zordo