“Io e l’acqua”
di Gianni Giambarini

·        Storie di acque

Il Tigri e l'Eufrate, il Nilo e il Gange, il Rio delle Amazzoni e il Missisipi…. Dicono che l'infanzia delle civiltà sia legata a questi fiumi. Alle radici di ognuno di noi c'è dunque un corso d'acqua. Pulita o sporca, tranquilla o agitata non importa. Là si forgia, poi scorre il D.N.A. della nostra memoria. E talvolta… vi annega[i].

 

 

·        Le mie fonti

 

Il Naviglio grande e l'Olona sono le mie fonti. Acque modeste, certo, anche se il primo ha una sua nobile storia.

Tant'è, questi sono i miei riferimenti "potografici"(sic!).

 

A scuola si studiava Petrarca: “chiare fresche dolci acque...”. A Milano, alla metà del secolo scorso (1900 n.d.r.!), si respirava invece l'aria del concitato e operoso dopoguerra ma c’erano anche i fetori, provenienti da alcuni canali ancora aperti, che facevano già presagire l'inquinamento di oggi.

Chissà perché, ho però un ricordo di ambiente più sano!

 

I primi bimbi del “baby boom” post bellico scoprivano "en plein air" i segni della loro adolescenza. L'impressionismo non lo conoscevano certo e il laghetto delle ninfee non c’era neppure ma la voglia di cogliere l’attimo quella sì! E in queste righe si reperta forse qualche segno.

 

I grandi "barconi", lunghi e piatti, carichi di sabbia li vedevo pigramente arrivare alla darsena di Porta Ticinese. Dal piccolo poggiolo di casa li osservavo e mi chiedevo dove finisse tanta sabbia ma soprattutto perché mai il conducente del "naviglio" poggiasse la propria bicicletta proprio sui cumuli della terra trasportata. A che cosa serviva poi la bicicletta? Ringrazierei anche oggi chi me lo dicesse. Mio zio s’occupava d’altro: era idraulico (“trumbé” in milanese).

Lungo quella ripa di sinistra si aprivano osterie, bocciofile e nei “trani” si mesceva vino rosso. In piedi c’era qualche sedicente artista che, confondendo la ripa sinistra con la "rive gauche", dipingeva quadretti ad olio del ponte e della chiesetta di San Cristoforo, neoeletto protettore degli automobilisti. Ma allora le auto erano ancora poche. Comunque anche i Santi si adeguavano alla motorizzazione. L’acquasantiera della chiesa era di un bel marmo antico. D’estate certi ragazzi improvvisavano anche balneoterapie sull’“altra sponda”. Ho un ricordo anche della “Lea” un bel pastore tedesco che poi si ammalò, pare d’idrofobia.

 

Il “nostro” cinema era il “Ducale” in piazza Napoli e il geometra Ghiani (il nome compariva allora in prima pagina sui giornali) abitava poco lontano di lì. Il Ghiani, fluido protagonista di un cocktail dai semplici ingredienti: donna e soldi, era il protagonista del delitto Fenaroli e divideva i “milanés“ fra innocentisti e colpevolisti. Sarà anche per questo clima che i ragazzini del tempo giocavano, più di oggi, a guardia e ladri. Nei giochi di ruolo d’allora “facevo” il poliziotto ma non sono mai riuscito ad arrestare nessuno. Al massimo, correndo, mi sono infangato in una pozzanghera. I compagni erano sempre più "sgamati" ed io “pisquano”.

 

Pochi anni dopo traslocai. Le finestre della nuova casa guardavano ancora acqua. Il fiume era l’Olona, maleodorante, talvolta di colore … bordeaux. Chissà quali industrie vi immettevano i loro souvenir di lavorazione? La siepe divideva il corto spazio tra la strada asfaltata e il bordo di terra della sponda. Pochi metri scoscesi e si cadeva in quel liquame. Ma vuoi mettere come era bello giocare a nascondersi fra quegli sterpi! Cadendo, un giorno, mi procurai un buco in un ginocchio che cercai, invano, di detergere con acqua ossigenata. La cicatrice ora non si vede quasi più ma i neuroni conservano certo meglio la memoria delle cellule della pelle e mantengono quel ricordo unitamente all’immagine di me ragazzino che facevo uso incongruo della polvere di “Streptosil Penicillina”, con la quale aspergevo generosamente due volte al giorno la ferita. E’ proprio vero che l’allergia a volte non ti arriva neanche se la cerchi! Lì invece cercavo altre cose: avevo preso la decisione di viaggiare da grande, navigare, esplorare. Poi l'ho fatto, ma in altro senso. Non certo astronauta ma entronauta alla ricerca di …. Oggi poi il surf si fa in Internet. Ma quelle onde dell'infanzia sono ben altra cosa!

 

Mio padre “portò a casa” la prima lavatrice. Iniziarono interminabili “bùgàde” (bucati). Mia madre lavò di tutto lì dentro. Al punto che qualche capo di vestiario si “bucò” proprio, anche a causa dell’insistenza con la lavabiancheria e dei primi detersivi “che più bianco non si può!” Ricordo l’umido profumo delle lenzuola ancora bagnate sulle sottili corde di nylon, tese fra i pilastri su in solaio, d’inverno.

 

Durante i primi anni di liceo mi sentivo ondivago, però le idee non mancavano, la coerenza invece sì. Comunque non c’era mai “calma piatta” mentale.

 

I film holliwoodiani campeggiavano sui nostri schermi. Io, in una di queste proiezioni, pensai bene di stringere più vicino a me una ragazza mentre ero veramente poco attento alla visione delle acque del Mar Rosso che si aprivano davanti a Mosè. Il kolossal era: “I Dieci Comandamenti”

 

Il binomio ancestrale acqua-vita si è disvelato, come una verità, in quel dell’Idroscalo. Il mito si colloca nella mia tarda adolescenza. Le vitamine, generosamente somministrate dall’amore materno, mi avevano fatto crescere anche i perenni brufoli. In quella cava (poco spumeggiante in verità) non so se nacque Venere ma è certo che io la trovai lì.

 

Al liceo ho studiato (ma solo a memoria) la meccanica dei fluidi. La prof. era contenta così! Si gratificava con poco, come ama dire il Bossi. Quando s’arrabbiava invece diceva: “io son qui tutta sudata.. e voi freschi come rose”. Non mi sono mai sentito una rosa però solevo pregare davanti ai gigli, sino al giorno che posi alcune domande. Non ebbi risposta. Smisi così la frequentazione non solo del IV sacramento.

 

Torniamo a quegli anni; c’era una guerra in Vietnam. Acquistai un “giaccone” militare di tipo “impermeabile”. La negoziante per enfatizzare il prodotto mi disse che era “americano” e trattato con prodotti che in Italia non c’erano ancora: spray idrorepellenti. Dopo quella operazione di marketing non avrei più voluto comprarlo!

 

I successivi vent’anni anni sono stati inondati da mareggiate e cullati da momenti di bonaccia. La “liquidità” era scarsa; comprammo una casa in periferia. Solo prati davanti e l’erba era bagnata. Di nebbia poi ce n’è anche nel nuovo millennio.

 

Il pesce allora non era cibo di tutti i giorni; fortuna che la pubblicità c’insegnava che c’era quello surgelato, “direttamente dai mari del Nord sulle nostre tavole!”

 

La mia vita: un’esperienza da idroterapia della memoria, unica e forse poco imitabile, come tante altre peraltro, dalla pubertà all’andropausa. Non più ripetibili.

 

 

·        L’estuario

 

Dice bene Eraclito: “Non ci si bagna due volte nella stessa acqua di un fiume.”

 

 

·        Riassunto bigino

 

“Io e l’acqua”: la falda sotterranea di un ricordo depurato dalle scorie.

 

 

Gianni Giambarini: semplicemente un idrofilo.

 Non è nato “sotto il segno dei Pesci”

 ma, se nascesse un’altra volta, alla domanda “che

cosa farai da grande?” sicuramente risponderebbe:

”il rabdomante!”

 



[i] Ricordo anche, dalla quinta liceo, che il “carsismo” è “l’insieme dei fenomeni causati dalla dissoluzione chimica di rocce calcaree e gessose ad opera di acque rese acidule dalla presenza di anidride carbonica. Si creano fiumi sotterranei che vagano ipogei nelle foibe e poi d’improvviso riappaiono”. In analogia i ricordi talora s’intorbidano inabissandosi nell’oblìo ma più spesso sgorgano copiosi, dopo aver generato il fenomeno carsico della mente.